Newsletter 8/2025
NEWSLETTER DELL’OSSERVATORIO DEMENZE DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ – n.8/2025
In questo numero è trattato il tema delle rette nelle RSA, che sta investendo a vari livelli tutte le Regioni e le PA. Il tema è complesso e richiede urgentemente un intervento legislativo che chiarisca il tipo di assistenza residenziale erogata per le persone con demenza e le relative risorse. Successivamente viene presentato l’originale progetto PrimaCare_P3, che ha la finalità di valutare l’impatto clinico della valutazione multidimensionale nel setting della medicina generale. Il terzo contributo si focalizza sul documento del governo clinico prodotto nel 2020 dal Tavolo nazionale permanente sulle demenze, attualmente in corso di aggiornamento. Si tratta di un documento poco diffuso nelle realtà assistenziali, ma utile ai professionisti sanitari per affrontare temi complessi quali le disposizioni anticipate, la comunicazione della diagnosi e la valutazione delle capacità. Il tema dei biomarcatori plasmatici è oggetto dell’approfondimento bibliografico e si noterà come i valori di epidemiologia clinica possano variare a seconda di come si disegna lo studio e si scelga il gold standard di riferimento per valutare l’accuratezza clinica. Infine, nell’ultima rubrica si ricorda che sono aperte le iscrizioni al XVIII Convegno “I Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze e la gestione integrata della demenza”, che si terrà presso l’Istituto Superiore di Sanità il 27 e 28 novembre 2025.
(Nicola Vanacore)
Approfondimenti tematici - Rette delle RSA: orientamenti della giurisprudenza e stima dei costi
Le rette delle RSA per malati di Alzheimer sono spesso molto elevate, superando i 2000 euro al mese. Recentemente, diverse pronunce giurisprudenziali - tra cui Corte di Cassazione (Ord. 26943/2024, 33394/2024); Consiglio di Stato (3074/2025); Corte d’Appello di Milano (sentenza n. 1644/2025) - hanno ribadito che le rette delle RSA per questi pazienti devono essere interamente sostenute dallo Stato.
Il principio giuridico alla base è che, nel caso in cui le prestazioni sanitarie non possano essere eseguite se non congiuntamente a quelle socio-assistenziali, e non sia possibile distinguere i relativi costi, prevale comunque la natura sanitaria del servizio. Le prestazioni socio-assistenziali riguardano il sostegno alla persona in condizioni di fragilità o non autosufficienza e non hanno finalità cliniche, ma mirano a garantire benessere, autonomia e inclusione sociale. Quando è dimostrata l’inscindibilità e l’integrazione tra le due componenti, l’intervento sanitario-socioassistenziale viene completamente assorbito all’interno delle prestazioni garantite dal Sistema Sanitario Nazionale. Questo perché le prestazioni di tipo diverso da quelle sanitarie sono strettamente legate a quelle sanitarie da un rapporto di strumentalità necessaria e quindi contribuiscono infatti alla realizzazione dell’intera prestazione. Le strutture convenzionate o accreditate, infatti, assicurano all’assistito un programma terapeutico personalizzato attraverso un servizio integrato.
Parallelamente all’evoluzione giurisprudenziale si osservano due fenomeni: da un lato, molti familiari di pazienti con demenza ritengono erroneamente di poter ottenere automaticamente l’esenzione dalle rette, mentre in realtà è ancora necessario un provvedimento giudiziario che lo autorizzi. Dall’altro lato, alcune strutture residenziali iniziano a mostrare resistenze nell’accettare pazienti con demenza, probabilmente per timore di implicazioni economiche o gestionali. Dal punto di vista giuridico, la situazione è complicata se si considera che l’art.30 del DPCM del 12/01/2017 distingue, per le persone non autosufficienti, un trattamento residenziale di tipo estensivo ed uno di lungoassistenza. Il primo è a totale carico del SSN, il secondo è per il 50% a carico del SSN e per la restante quota a carico dell’utente, salvo l’intervento del Comune. Questa vicenda richiede un intervento legislativo che regoli i rapporti tra lo Stato e le Regioni nonché definisca le risorse per le prestazioni sanitarie e quelle socio-assistenziali.
Dal punto di vista epidemiologico, l’Osservatorio Demenze dell’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato nelle Linee Guida italiane sulla diagnosi e trattamento della demenza e del Mild Cognitive Impairment (gennaio 2024), uno studio sul costo della malattia. Lo studio, curato dalla Facoltà di Economia dell’Università di Roma “Tor Vergata”, si basa su dati epidemiologici e su indagini condotte tra il 2022 e il 2023 su servizi per la demenza come CDCD, RSA e centri diurni. Secondo le stime, circa 142.000 persone con demenza (12% del totale) risultano istituzionalizzate in strutture residenziali in Italia. Mediante la survey dell’ISS è stato possibile raccogliere informazioni circa la durata della permanenza, la tipologia di struttura (pubblica o privata/convenzionata) e le tariffe giornaliere con rispettiva quota a carico del SSN. Il costo annuo stimato per paziente in RSA pubblica ammonta a € 19.973 e € 13.852 in RSA privata/convenzionata. Considerando che il 96,9% delle strutture rispondenti all’indagine sono private/convenzionate e solo il 3,1% pubbliche, il costo medio annuo per paziente istituzionalizzato risulta pari a circa 14.041 euro. Questa cifra include sia la quota a carico del SSN che quella a carico del servizio socio-sanitario. Moltiplicando il costo medio per il numero di pazienti istituzionalizzati, si stima una spesa complessiva annua di circa 2 miliardi di euro.
(Patrizia Lorenzini)
Progetti e piani strategici – Utilità e potenziale efficacia di una strategia di valutazione multidimensionale nel setting di cure primarie: lo studio PrimaCare_P3
PrimaCare_P3 è un progetto PNRR coordinato dall'Ospedale Galliera di Genova e con unità operative l'Istituto Superiore di Sanità (ISS), l'Ospedale Universitario Paolo Giaccone di Palermo e l'Università di Bari Aldo Moro. Il progetto ha previsto il disegno e la conduzione di uno studio sperimentale finalizzato a valutare utilità e potenziale efficacia di un programma di prevenzione personalizzato (PPP) somministrato nell'ambito delle cure primarie a persone di età ≥65 anni.
Un campione di medici di medicina generale (MMG) è stato selezionato da diverse aree geografiche del territorio italiano successivamente assegnato in modo casuale al gruppo di intervento e di controllo. Ciascun MMG ha prodotto una lista di propri assistiti dalla quale sono stati estratti in modo casuale i partecipanti allo studio. Sono stati considerati eleggibili solo gli assistiti di età ≥65 anni e con almeno una condizione clinica cronica non trasmissibile. Sono stati inclusi nello studio un totale di 31 MMG provenienti da quattro aree geografiche (Desenzano, Putignano, Firenze, Napoli) e un totale di 1223 assistiti, di cui 612 nel gruppo di intervento e 611 nel gruppo di controllo. I MMG del gruppo di intervento sono stati formati a valutare: abilità funzionali e cognitive, stato nutrizionale, condizioni abitative, comorbidità, polifarmacoterapia e stato vaccinale. In base all'esito della valutazione, sono state fornite indicazioni individualizzate e/o prescrizioni di visite specialistiche al bisogno. Sono stati raccolti anche campioni di saliva che sono stati inviati ai laboratori dell'ISS e di Bari per la valutazione dei marcatori di stress ossidativo, citochine e interleuchine pro e antinfiammatorie e, in un sottogruppo, del microbioma orale. I medici del gruppo di controllo hanno continuato a somministrare le cure come da pratica usuale. Il follow-up prevede il confronto tra i due gruppi in termini di: tasso di ricovero ospedaliero non programmato o in strutture di ricovero a lungo termine o RSA, frequenza di accesso al pronto soccorso, numero di visite non programmate presso MMG, numero di farmaci assunti e tasso di mortalità.
Al momento sono disponibili unicamente i dati preliminari relativi alle caratteristiche a baseline del gruppo di intervento. Il 59% dei partecipanti riportava un livello di polifarmacoterapia che necessitava una revisione del piano di trattamento. Il 22% dei partecipanti presentava un deficit cognitivo per cui si riteneva necessario iniziare un intervento specifico, mentre il 16,5% mostrava un deficit funzionale nelle attività di vita quotidiana. Per quanto riguarda lo stato vaccinale, il 32% riportava assenza di vaccinazione antinfluenzale, il 45% di vaccinazione anti COVID-19, il 73% di vaccinazione antipneumococcica e l'87% di vaccinazione anti-herpes zoster. (Trial registration: Clinicaltrials.gov, NCT06224556)
(Eleonora Lacorte)
Notizie dal Fondo Alzheimer e Demenze 2024-26 – Il documento del governo clinico
Il documento Raccomandazioni per la governance e la clinica nel settore delle demenze è il risultato di un intenso lavoro del gruppo di lavoro sull’etica attivato dal Ministero della Salute, che nel corso di due anni ha raccolto e analizzato dati scientifici ed empirici, strumenti e metodi per individuare modelli di riferimento e buone pratiche per coloro che si occupano di demenza. Il documento affronta quattro temi: le disposizioni anticipate di trattamento (DAT) e di fine vita, la comunicazione della diagnosi, la valutazione delle capacità e le normative regionali sull’Amministratore di Sostegno (AdS), con l’aggiunta delle indicazioni del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Entrando nello specifico del documento, all’interno dei temi trattati vengono complessivamente formulate 13 raccomandazioni, scientificamente supportate da una base documentale sotto forma di allegati.
Il tema delle DAT e del consenso informato affronta in chiave critica l’applicazione disomogenea sul territorio nazionale delle normative sulla tutela giuridica delle persone in stato di necessità, legata sia alla scarsa conoscenza degli istituti legali che al prolungamento dei tempi per la nomina dell’AdS: criticità che si ripercuotono sui percorsi di cura delle persone con demenza. Il tema della comunicazione della diagnosi affronta la rilevanza etica di questo atto, che non si esaurisce in un momento puntuale ma si sviluppa secondo tempi e modalità diverse nel rapporto medico-paziente. Le tre raccomandazioni si basano sulle indicazioni del protocollo SPIKES per la comunicazione delle notizie negative, e abbracciano le modalità di comunicazione, la condivisione delle informazioni e il coinvolgimento del paziente nella pianificazione dei trattamenti e delle scelte di vita futuri. Gli aspetti etici delle capacità di agire vengono affrontati a partire dal consenso informato ai trattamenti e dal presupposto che un giudizio di incapacità può comportare una significativa riduzione dei diritti dell’individuo: la valutazione e determinazione delle capacità costituiscono pertanto campi di indagine particolarmente delicati, e richiedono attenta osservazione clinica e accurata valutazione neuropsicologica.
Il documento sul governo clinico è stato approvato dalla Conferenza delle Regioni e Province il 6 agosto 2020 e avrebbe dovuto essere divulgato attraverso appositi percorsi formativi. Essendo ormai trascorsi 5 anni dalla sua pubblicazione, verrà aggiornato sul piano normativo e scientifico dal Gruppo di lavoro 5 del Tavolo Demenze, ma resta oggi ancora, nell’attuale versione, uno strumento essenziale per tutti coloro che si occupano di persone con demenza. Il testo completo è disponibile a questo link.
(Marina Gasparini)
News dalla letteratura scientifica – Verso diagnosi più tempestive e meno invasive nelle demenze: il ruolo emergente dei biomarcatori plasmatici
Negli ultimi anni la ricerca sulle demenze, e in particolare sulla malattia di Alzheimer, ha compiuto importanti passi avanti grazie allo studio dei biomarcatori plasmatici. Queste molecole, misurabili nel sangue, riflettono processi patologici che avvengono a livello cerebrale, come l’accumulo di β-amiloide, la formazione di grovigli neurofibrillari di proteina tau e la neurodegenerazione. Recentemente, uno studio pubblicato su JAMA da Palmqvist e colleghi (2024) ha analizzato 1.213 persone sottoposte a valutazione clinica per sintomi cognitivi in Svezia tra febbraio 2020 e gennaio 2024. Si tratta di uno studio multicentrico di coorte prospettica e include consecutivamente 843 soggetti provenienti dalla medicina generale e 370 da centri specialistici per disturbi cognitivi.
L’outcome primario era la presenza di patologia di Alzheimer definita tramite biomarcatori liquorali (Aβ42/40 e p-tau217, secondo i criteri NIA-AA 2018). Rispetto a questo gold standard biologico, i biomarcatori plasmatici, espressi come percentuale di p-tau217 in combinazione con il rapporto Aβ42/40 (APS2) hanno mostrato un’accuratezza molto elevata raggiungendo un’AUC (area sotto la curva ROC) pari a 0,97 nei pazienti provenienti dalla medicina generale e 0,96 nei centri specialistici. Inoltre, nel contesto della medicina generale, il test ha ottenuto un valore predittivo positivo (PPV) del 91% e un valore predittivo negativo (NPV) del 92%. Anche nel contesto delle cure specialistiche la performance del test è risultata altrettanto buona con un PPV dell’88% e NPV del 87%
L’outcome secondario era la diagnosi clinica di Alzheimer (criteri IWG). Anche in questo caso le performance sono risultate buone, seppur leggermente inferiori: per l’APS2, in medicina generale l’AUC era 0,89, con PPV 84% e NPV 96%; nei centri specialistici l’AUC era 0,88, PPV 87% e NPV 88%. Inoltre, l’accuratezza diagnostica del biomarcatore p-tau217 da solo è risultata comparabile a quella di APS2.
In sintesi, lo studio conferma che i biomarcatori plasmatici, in particolare p-tau217, sono ad oggi strumenti promettenti e poco invasivi per la diagnosi tempestiva di AD, aprendo così nuove possibilità per la gestione clinica e l’accesso a future terapie disease modifying. Una criticità di questo lavoro riguarda l’esclusione dei soggetti con disturbo soggettivo di memoria (SCD) dalle analisi sull’outcome clinico. Gli autori motivano questa scelta con il fatto che una diagnosi clinica non è definibile a questo stadio, ma questa decisione riduce la possibilità di valutare l’efficacia dei biomarcatori plasmatici nelle fasi più precoci, proprio quelle in cui strumenti meno invasivi potrebbero avere il maggiore impatto in termini di sanità pubblica. Un’altra criticità è la mancata considerazione del confronto con i criteri clinici NIA-AA del 2011, attualmente inseriti nella LG per la diagnosi e trattamento della demenza e del MCI, e routinariamente utilizzati nella pratica clinica. Inoltre, sebbene la performance dei test appaia comparabile nei due setting clinici, la loro applicazione nel contesto della medicina generale deve essere attentamente valutata alla luce delle specifiche caratteristiche organizzative e cliniche di ciascun sistema sanitario nazionale. Nel contesto italiano, per esempio, l'accesso a una diagnosi tempestiva di demenza è spesso limitato da problematiche organizzative e cliniche legate alla scarsa integrazione tra medicina generale e specialistica, nonché alla necessità di standardizzare i percorsi diagnostici. L’uso di biomarcatori plasmatici potrebbe rappresentare un utile strumento diagnostico di supporto, purché inserito in modelli organizzativi adeguati e accompagnato da una formazione specifica diretta ai medici di medicina generale.
(Paola Piscopo)
Corsi/convegni e aggiornamenti dai siti web ImmiDem e Osservatorio Demenze
Sono aperte le iscrizioni al XVIII Convegno “I Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze e la gestione integrata della demenza” che si terrà nei giorni 27 e 28 novembre 2025 a Roma. Tutte le informazioni sono disponibili al seguente link.