L'impatto del Covid sul sistema cognitivo

Sono sempre più numerosi gli studi che riportano difficoltà cognitive nel post-Covid. Sintomi cognitivi e psichiatrici erano già stati riferiti nelle precedenti epidemie respiratorie - SARS (2002-2004) e MERS (Sindrome Respiratoria medio-orientale, o influenza cammello, 2012) - e in studi a lungo termine su pazienti sottoposti per vari motivi a ventilazione per Distress Acuto Respiratorio: in quest’ultimo caso i disturbi a carico di attenzione, memoria e funzioni esecutive permanevano per almeno un anno nel 78% dei casi, e in circa la metà fino a 2 anni.  

Secondo l’European Academy of Neurology, le complicanze neurologiche sono presenti fino a un terzo dei casi di Covid, con dati di prevalenza e incidenza diversi a seconda della provenienza dei dati (ospedali vs territorio). Altri studi più recenti, come quello dei consorzi NeuroCovid ed Energy (Sherry et al, 2021), indicano una presenza dei disturbi neurologici fino all’82%: un dato che apre la porta al rischio di Long-Covid e all’aumento di prevalenza dei disturbi cognitivi.    

Ipotesi e studi

Le necessità di ricovero nelle terapie intensive, e nei casi più gravi di ventilazione meccanica e sedazione, suggerisce che i deficit cognitivi potrebbero essere legati a un prolungato distress respiratorio, che può causare lesioni cerebrali legate all'ipossia. Ma anche altri processi patologici sono stati proposti nell’insorgenza dei disturbi cognitivi, ed è quindi difficile stabilire se questi siano legati a un danno neuronale diretto o se abbiano una genesi multifattoriale. L’ipotesi più plausibile chiama in causa la presenza di comorbidità dei disturbi respiratori, dei fattori legati all’ospedalizzazione e di quelli vascolari.   

È comunque indubbio che i meccanismi con cui il COVID-19 danneggia il cervello sono molteplici, e che il virus agisce su aree cerebrali importanti per il funzionamento cognitivo: l’ipossia indotta dai sintomi respiratori colpisce, ad esempio, con maggior facilità i neuroni che hanno la più alta richiesta di ossigeno, come quelli dell’ippocampo che è una struttura-chiave per le funzioni mnesiche. Ma anche l’integrità della sostanza bianca sottocorticale è essenziale per il mantenimento delle funzioni cognitive, in quanto veicola la trasmissione degli impulsi verso la corteccia; una sindrome disesecutiva è stata infatti descritta in un terzo dei pazienti dimessi dopo COVID-19, e associata a ipoperfusione fronto-temporale bilaterale (Neurology of Covid, 2021).    

Le difficoltà di analisi legate alla fase acuta

La prevalenza dei disturbi cognitivi è estremamente variabile (Rogers et al, 2020), e secondo alcuni autori le percentuali riportate possono sottostimare l'incidenza reale nella fase acuta, poiché l'attenzione clinica durante il ricovero è ovviamente focalizzata sulla necessità di salvare la vita dei pazienti e di mantenere al tempo stesso il controllo sui dispositivi di protezione individuale. Ovviamente in queste condizioni qualunque esame non necessario viene rimandato nel post-acuto. In ogni caso, le condizioni cliniche dei pazienti impediscono l’esecuzione di un esame neuropsicologico completo, e quando è possibile vengono quindi utilizzati i cosiddetti test di screening (MMSE, MoCA), che forniscono un indice grezzo ma sono inadatti a rilevare la vera natura dei deficit. Un recente studio di coorte retrospettivo (Taquet et al, 2021) riporta infine un’incidenza dei sintomi cognitivi a 6 mesi di circa l’8%, più elevata nei pazienti over-45 ricoverati in terapia intensiva.   


L’incidenza tra Covid e sviluppo della diagnosi di demenza

La persistenza dei disturbi neurocognitivi è di grande rilevanza per le cure primarie e specialistiche ambulatoriali, dove i pazienti sono gestiti dopo l'ospedalizzazione. Inoltre, l’aumento dei disturbi cognitivi a lungo termine fa temere non solo impatti negativi sulla capacità di ritorno alla normalità, ma anche un aumento dei tassi di prevalenza per malattie degenerative. Il potenziale rischio per demenza viene stimato in oltre 30 milioni di nuovi casi nei prossimi anni (Pyne e Brickman, 2021).  

Confrontando le incidenze di esiti neurologici e psichiatrici con quelle di patologie internistiche, Taquet et al. (2021) hanno messo in evidenza due risultati interessanti: il primo, più generale, è che tra i pazienti con diagnosi di COVID-19 l'incidenza stimata di una diagnosi neurologica o psichiatrica nei 6 mesi successivi è di oltre un terzo dei casi, e del 12,84% per la prima diagnosi. Il secondo dato, direttamente legato alla demenza, è che nonostante l'incidenza stimata sia modesta nell'intera coorte COVID-19, il 2,66% dei pazienti di età superiore ai 65 anni e il 4,72% con encefalopatia ha ricevuto una prima diagnosi di demenza entro 6 mesi

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Bibliografia: 

Jeffrey D. Pyne and Adam M. Brickman. The Impact of the COVID-19 Pandemic on Dementia Risk: Potential Pathways to Cognitive Decline. Neurodegener Dis DOI: 10.1159/000518581 

Maxime Taquet, John R Geddes, Masud Husain, Sierra Luciano, Paul J Harrison. 6-month neurological and psychiatric outcomes in 236 379 survivors of COVID-19: a retrospective cohort study using electronic health records. Lancet Psychiatry, 2021;8: 416–27 

Maxime Taquet, Quentin Dercon, Sierra Luciano, John R. Geddes, Masud Husain, Paul J. Harrison. Incidence, co-occurrence, and evolution of long-COVID features: A 6-month retrospective cohort study of 273,618 survivors of COVID-19. PLoS Med 18(9): e1003773. https://doi.org/10.1371/journal.pmed.1003773 

Alberto Priori (ed.). Neurology of Covid-19. University Press, Milano, 2021 

Jonathan P Rogers, Edward Chesney, Dominic Oliver, Thomas A Pollak, Philip McGuire, Paolo Fusar-Poli, Michael S Zandi, Glyn Lewis, Anthony S David. Psychiatric and neuropsychiatric presentations associated with severe coronavirus infections: a systematic review and meta-analysis with comparison to the COVID-19 pandemic. Lancet Psychiatry 2020;7: 611–27 

Sherry H.-Y. Chou; Ettore Beghi; Raimund Helbok; Elena Moro; Joshua Sampson; Valeria Altamirano; Shraddha Mainali; Claudio Bassetti; Jose I. Suarez; Molly McNett; the GCS-NeuroCOVID Consortium and ENERGY Consortium. Global Incidence of Neurological Manifestations Among Patients Hospitalized With COVID-19—A Report for the GCS-NeuroCOVID Consortium and the ENERGY Consortium. JAMA Network Open. 2021;4(5):e2112131. doi:10.1001/jamanetworkopen.2021.12131

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